“La mappa non è il territorio” è la frase utilizzata da Alfred Korzybiski per indicare la differenza tra realtà e rappresentazione della realtà.
Non esiste un’unica realtà, ma più modi di interpretarla.
Ogni mappa è fatta del modo in cui percepiamo e pensiamo il territorio.
Esistono tante realtà, tanti modi di vedere le cose, tante modalità diverse di percepire e vivere il territorio che abitiamo.
“La parola non è la cosa.”
Attraverso la parola, una mappa dettagliata, non riusciremo ad esaurire ciò che la cosa o il territorio rappresentano.
Ognuno di noi costruisce la propria mappa, sulla base della propria esperienza vissuta.
Per quanto possiamo studiare, approfondire, ascoltare e appoggiare opinioni su come dovrebbe essere il giusto allineamento del corpo, la giusta postura; ognuno ha un proprio modo di muoversi. Di sperimentare e sentirsi in equilibrio, di entrare in relazione con lo spazio, di lasciarsi andare alla gravità.
Esistono tre principali centri di comunicazione tra corpo e psiche:
La zona del bacino (sede delle forze più antiche), la zona del petto (dove è collocato il nostro mondo affettivo) e la testa (centro razionale della persona).
L’apertura o la chiusura parziale o totale di questi centri, influisce sul corpo e sulle scelte di vita di tutti i giorni.
Nella mia esperienza, personale e lavorativa, mi capita spesso di notare una particolare mobilità o qualità energetica in certi segmenti corporei e non in altri.
Mi capita di lavorare su un bacino libero e vitale, con una grande mobilità interna, tra le varie ossa pelviche, le vertebre lombari e l’osso sacro. E di notare allo tempo stesso e nella stessa persona la zona del petto più rigida.
O viceversa, sperimento un torace vitale, dove il respiro è ampio ed un bacino fermo e trattenuto.
La libertà o l’immobilità forniscono una indicazione di quanto una persona si permetta di entrare in contatto con i propri istinti di base (sopravvivenza, riproduzione, bisogni primari) e con la propria vita affettiva.
O ancora, il modo in cui ci muoviamo, o tratteniamo il raggio di movimento danno forma al modo in cui facciamo esperienza di noi stessi e della vita. Seguendo il nostro istinto, il nostro intuito o solo dopo lunghi ragionamenti. Rimanendo dunque solo ad un livello meramente intellettuale.
È come se il corpo registrasse, testimoniasse esperienze, ricordi, emozioni, sensazioni, idee e schemi comportamentali.
È come se il corpo ne facesse memoria così da riprodurlo attraverso il movimento e la postura.
La strategia di vita di una persona si riflette sulla propria forma corporea.
La nostra struttura fisica e psicologica non è casuale ma funzionale ad un modo di vivere nello spazio che occupiamo, in cui entriamo in relazione con noi stessi e con gli altri.
Ci sono fasi e aree diverse della vita in cui ci troviamo in uno stato di bisogno. Interpretiamo la parte dipendente, vulnerabile.
Altre in cui ci identifichiamo nello stato di potere. Assumiamo il ruolo di capace, autosufficiente, intraprendente.
Pensate sennò alle situazioni in cui ci troviamo a svolgere compiti per dovere, controvoglia. Il corpo si organizza per resistere. Rallenta, si appesantisce.
Oppure ancora alla strategia del distacco. Quando si ha la tendenza a rimanere sul piano intellettuale, si riduce lo spazio per le sensazioni, le emozioni, le viscere. Aumenta il controllo.
Ci sono situazioni in cui emerge la strategia dell’azione. Quando si è focalizzati sull’andare, sul fare, sull’agire prima di aver avuto il tempo di sentire. Accelerare per arrivare al dunque. Vi è un senso di urgenza ed impossibilità di integrare l’esperienza.
Vi capita di interpretare ruoli? Di prendere una forma vicina o uguale ad altri modelli? Si tratta della modalità messa in atto quando, riconoscendo intuitivamente ed empaticamente le aspettative e desideri altrui, ci mimetizziamo, riducendo al minimo il contatto con l’immagine reale e autentica di noi stessi.
Tali diverse strategie di vita ci portano ad occupare il nostro corpo con il respiro in modi diversi. Ad assumere certe posture. A muoverci nello spazio con movimenti ampi o piccoli, ridotti. A prenderci poco spazio o ad espanderci col corpo, persino col profumo che indossiamo.
È naturale che tutti siano presenti in ognuno di noi, in modo più o meno evidente.
Per stare bene quindi si ha bisogno di più qualità e strategie: sia della capacità di sentire i propri bisogni e desideri, sia di quelli di soddisfarli. Sia di entrare in confidenza con se stessi, sia di interagire con l’altro.
Ognuno vive e fa tesoro delle esperienze secondo il proprio vissuto, ricordi, convinzioni. Secondo quanto ereditato dalla famiglia, dalla società, dalla cultura.
Ognuno esprime la propria danza.
E questa danza non ha struttura rigida. È in costante evoluzione.
Prestare attenzione alla nostra danza è la chiave per far esperienza di ogni parte di noi.
Portare consapevolezza al modo in cui si muovono le diverse parti del nostro corpo, al modo in cui respiriamo. Ci prendiamo delle pause. Ci muoviamo velocemente o a rallentatore. Occupiamo la stanza o un angolo della sala; saltiamo verso l’alto o ci lasciamo cadere a terra…
E’ la chiave per fare esperienza di ogni diversa strategia di vita. Cambiarla. Adattarla. Plasmarla. Per incidere proattivamente sulla realtà.
Il modo in cui pensiamo a noi stessi influisce sul nostro corpo, sul nostro metabolismo, sui nostri gusti, comportamenti e atteggiamenti.
Mi piace quindi pensare ad Esperienze in movimento come
alla possibilità di soddisfare il proprio desiderio di tornare ad abitare ogni parte del proprio corpo, quindi del proprio essere!
Attraverso esperienze in movimento andremo ad esplorare la relazione tra le diverse parti del corpo, tra ossa e muscoli. La capacità di guidare il movimento e di lasciarsi guidare. La possibilità di definire la direzione o seguirla.
Attraverso la danza, pratiche corporee e di respiro torneremo ad affidarci alle risorse già presenti dentro di noi, per poi scoprirne e costruirne di nuove e diverse.
Perchè ci sorprenderemo in nuovi movimenti. Nuovi comportamenti e possibilità.